Stretching ai flessori della coscia: perché stai sbagliando

Stretching ai flessori della coscia: perché stai sbagliandoDi Masatomo Ueda

L’estetica inestetica

Quante volte, facendo una passeggiata in giro per i parchi cittadini, abbiamo visto gente che, assumendo la tipica forma a uovo (in piedi con la schiena arrotondata e le mani che tentano di arrivare in qualche modo a toccarsi i piedi), pensa di tirare i flessori della coscia, detti anche hamstring, ovvero tutti i muscoli posteriori della coscia? Per intenderci, quelli che vengono molto stimolati dallo squat (più nel back che nel front, anche se il nostro articolo parla di quest’ultimo).

Quello che succede, in verità, è che nel tentativo di arrivare (inutilmente) a toccarsi i piedi, anteponiamo le spalle, creando di fatto un compenso che ha l’unico scopo quello di farci sentire più elastici di quello che siamo in verità.

Quella posizione che abbiamo definito ad uovo non è del tutto inutile, sia chiaro, e, per tua informazione, in inglese si chiama standing forward fold, ma è più utile a lavorare sulla zona lombare piuttosto che sui flessori della coscia.

La posizione corretta per lo stretching ai flessori della coscia

“Ma se non vado a toccare i piedi con le mani come li tiro i flessori?”, chiederà qualcuno. Semplicemente mettendo il piede a martello, antivertendo il bacino (per intenderci, mettete il sedere a gallina) e, a gamba tesa, flettendo il tronco. Ovvero assumendo la posizione che vedete nell’immagine in cima all’articolo.

Esiste anche un’altra posizione altrettanto efficace, ma prevede che ci si stenda a terra e che si abbia con sé un elastico. Perciò, considerato il contesto nel quale vi stiamo passando questa informazione – ovvero un ipotetico allenamento al parco – non parleremo di questa seconda opzione, seppur qualcuno avrà perfettamente capito di quale si tratti.

Tornando quindi alla posizione di cui sopra, la prossima volta che siete al parco, sappiate che chi capisce qualcosa di attività motoria vi guarderà fare stretching ai flessori della coscia annuendo anziché scuotendo la testa pensando a quanto stiate sbagliando.

 

 

L’allenamento funzionale e i senior

Di Masatomo Ueda

Dall’esperienza diretta

Per due anni, chi sta scrivendo, head coach di Umeboshi Training ed istruttore del corso di Allenamento Funzionale, è stato titolare di un corso per conto di UISP Vallesusa che, almeno sulla carta, veniva definito ginnastica dolce, dedicato ai senior, ovvero dai 65 anni in su (seppur qualche partecipante sia anche più giovane). In verità, come gli sportivi che vi prendono parte ben sanno, di tutto si trattava tranne che dolce. Certamente non si facevano affondi con sovraccarico, ma a corpo libero sì!

Cos’è l’allenamento funzionale

Non è questione di sadismo dell’istruttore, bensì della sua visione – della quale è permeata Umeboshi Training: un allenamento deve essere funzionale ai bisogni di chi lo pratica. È perciò evidente, nel caso dei nostri senior, che il movimento fatto in palestra debba essere mirato al miglioramento delle ADL (Activities of Daily Living, attività della vita quotidiana).

“Qual è l’utilità di mettersi a terra sul materassino e alzare le gambe una alla volta”, si può sentire spesso la voce di Masatomo mentre spiega la sua idea ai partecipanti senior, “se nella vostra vita quotidiana dovete prendere il vasetto di marmellata dalla credenza là in alto? Se dovete raccogliere lo zainetto da 12 kg del nipote che ha buttato in mezzo alla stanza mentre corre a fare merenda? Se dovete raccogliere le castagne durante la stagione autunnale per fare la marmellata che mettete nella credenza là in alto?”. Usando le parole di Michael Boyle, il cosiddetto padre dell’allenamento funzionale:

«Function is, essentially, purpose. Functional training can therefore be described as purposeful training» (Boyle, 2011)

Uno studio del 2014 sull’allenamento funzionale e i senior

Esistono diversi studi che affrontano l’argomento. Uno dei più interessanti è sicuramente quello del team di Chiung-ju (Chung Ju et al. 2014) che conclude affermando che i migliori risultati sono stati ottenuti attraverso allenamenti che ricalcano ciò che si vuole ottenere, a differenza di un allenamento tradizionale contro resistenza. Un risultato che potrebbe sembrare un po’ scontato, come a dire “se vuoi migliorare nella pedalata in salita, vai a pedalare in salita”. Dimostrerebbe, invece, che l’allenamento funzionale sia probabilmente uno dei metodi migliori per ottenere risultati non necessariamente prestazionali, come nel caso della popolazione senior.

Ti aspettiamo ai nostri corsi!